domenica 16 settembre 2018

Ad limina

Cammino per le strade di Torino trascinando la mia valigia rossa, con uno zaino blu sulle spalle e la testa immersa nei miei pensieri.
Incomincia una nuova avventura, un po' mi spaventa. Passare da un'università all'altra non è facile, sopratutto se distano 400 km una dall'altra. A Padova ho lasciato delle amicizie costruite negli ultimi anni e mesi, che ovviamente sono cresciute nel momento in cui ho deciso di abbandonare i miei studi patavini. Strana la vita, ti gioca sempre certi scherzetti dei quali faresti a meno!
Domani inizio la nuova università e ne sono entusiasta. Il cuore batte a mille, la voglia di mettere tutto il mio impegno in quest' impresa non manca.
Oggi è stato l'anniversario di matrimonio dei miei genitori, 40 anni insieme e sentirli tutti. Abbiamo festeggiato con la tribù di mia sorella S. , un pranzo spaziale vissuto con quasi tranquillità da parte della mia mente. Mi sono goduta il cibo, ho preso un po' di tutto e l'ho assaporato lentamente. Nessuna abbuffata, solo qualche fobia per le tre bignole accompagnate dal caffè fumante. Una coccola camminando in bilico tra il tutto e il niente. Ho vinto io, questa volta ho mantenuto l'equilibrio sopra la follia.
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venerdì 29 aprile 2016

E' tutto vero

La quiete dopo la tempesta,
la tristezza dopo la battaglia.
Vinci, perdi, non lo sai. E' sempre un terno al lotto. 
La voglia di scappare, di urlare che così non può continuare.
Ma rimani immobile, con il cuore allagato di lacrime mai scese.
Lacrime salate forse, anche se continui a far fuori torte e cioccolato.
Non hai resistito, sei caduta. Di nuovo. 
Rimani immobile, sperando che sia solo un brutto sogno.
Ma non ti svegli, il cuore batte a mille. E' tutto vero.
Raccogli i resti dal campo di battaglia, calcoli matematici iniziano nella tua testa.
Troppo, troppo, troppo. Questo è sicuro.
E ti prometti che questa era l'ultima volta, da domani tutto cambierà.
Ma lo sai, è l'ennesima bugia che ti racconti.


lunedì 25 aprile 2016

Quattro giorni fuori dagli schemi

Sono tornata a Padova dopo quattro giorni passati a casa con i miei genitori, mia sorella e i miei nipotini. Che dire?
Penso sia stato il rientro a casa più sereno da quando ho cominciato a studiare all'università. Mi sono goduta questi giorni, un po' in tutti i sensi. Ho accettato le attenzioni che mi sono state date, facendone tesoro ( lo so che ho 21 anni, ma a tutti fanno piacere un po' di  coccole, nonostante l'età giusto?). Ho voluto creare un' atmosfera abbastanza serena, e ciò ha portato come conseguenza quella di adattarmi con il menù proposto dalla mia famiglia, senza troppi "no" o " questo non lo mangio perchè...", " questo è troppo calorico". Ok, ci sono stati momenti in cui ho dovuto dar voce a tutti i pensieri che avevo in testa, dalla mia paura costante di prendere troppo peso, all'idea di aver mangiato troppo, alla fame nervosa continua che sento, alle mie voglie insensate.
Ho passato molto tempo con i miei nipoti, costatando che loro erano, sono e saranno sempre la mia forza per andare avanti, perchè loro si meritano di avere una zia e madrina sorridente, in salute, e non sempre sull'orlo di pianti come mi hanno vista da quando sono nati.
Penso che loro abbiano sofferto a causa mia, o meglio della mia malattia e del lungo periodo che ho passato in clinica ( loro sapevano solo che non stavo tanto bene, che avevo spesso mal di pancia e per questo non mangiavo gli stessi piatti delle altre persone, per questo dovevo pesare tutto, dal pane, al riso, alla carne e far cuocere sempre tutto da parte senza un goccio di condimento perchè era come il diavolo per me, ammetto che ancora oggi l'olio mi inquieta parecchio. Pensavano che mi facessi curare per il mio mal di pancia e che tornata sarei stata sempre bene). Loro si sono aspettati e si aspettano ancora questo, e non voglio deluderli, perchè sono la mia ancora di salvezza.
Quindi con il cibo è andata abbastanza bene, ho mangiato sì, qualche volta cose che mi agitavano parecchio e mi facevano vedere enorme allo specchio, che mi provocavano pensieri catastrofici, ma ho cercato di stare nel presente e assaporare quel momento di vita che quì a Padova non posso avere. Certo, quà posso avere tante altre possibilità, ma non con la mia famiglia.
Poi ho cercato di studiare un pochino, ma i risultati non sono stati un granchè. Ho preferito passare tempo in compagnia dei miei genitori, e quando loro erano a lavoro venivo attratta da altre attività o ero presa da altri pensieri.
Insomma sono state giornate piacevoli, nonostante il dca.
Da domani si riparte con la solita routine. Lezioni, lezioni e studio, studio, studio.
Buon inizio settimana!
Pulce


mercoledì 20 aprile 2016

Cosa manca?

Mi ritrovo a scrivere, incapace di concentrarmi sul materiale di studio. Pensare che io amo l'arte!
Questo pomeriggio mi ero prefissata di portarmi avanti con lo studio visto che tra due settimane avrò un esame parziale e domani parto per un breve ritorno a casa (tre giorni??)
Questa mattina sono andata dalla psicologa e ancora una volta mi ha dimostrato quanto sia competente, sono contenta di aver scelto Lei, mi sento aiutata ma soprattutto compresa. Penso sia fondamentale la comprensione: il sentirsi capiti in questo groviglio di pensieri ed emozioni così assurdi e massacranti tanto che a volte si vorrebbe anestetizzare tutto questo dolore.
Guardo ai miei giorni e mi ritengo fortunata: un anno fa sognavo di entrare all'università di Padova e di trovare sostegno per quanto riguarda il dca, ed eccomi oggi, con la possibilità di studiare ciò che mi piace e con molto sostegno sia dal punto di vista dietistico che psicologico, ma anche della mia famiglia. 
Quindi mi chiedo : "cosa mi manca per essere veramente felice? perchè non posso vivere con leggerezza e spensieratezza questi anni che dovrebbero essere i più belli della mia vita?"
Cavolo Fabiana! cosa ti manca? 
Il problema è che non lo so. Forse manca un'intera parte di me stessa, quella perduta in passato e non più ritrovata. Mi manca vivere. ridere con gusto. Se qualcuno mi chiedesse quando sono stati gli ultimi giorni di vita che mi ricordo, risponderei quei mesi in un ero ricoverata in day hospital a Villa Margherita. Lo so che sembra una risposta da egoista, so anche che quella non era la vera vita perchè era un mondo surreale, una bolla di protezione. Ma io là, nonostante tutti i problemi, mi sono sentita bene. A volte piango pensando a tutte le bellissime persone che quel luogo mi ha fatto conoscere, a tutte le difficoltà che ho dovuto affrontare, sia in gruppo che singolarmente.
Ma poi mi asciugo le lacrime, cerco di distogliere il pensiero da quei ricordi e di tornare alla realtà cruda e amara. Perchè è questo il mostro da affrontare.

sabato 16 aprile 2016

Giornate così... tra un pezzo e l'altro

Scrivo quindi esisto, nonostante tutto.
In questo periodo ho ricevuto molti colpi dalla vita, talmente tanti da rimproverarmi per aver sperato in un futuro migliore per me.
Sognavo, avevo progetti, mi vedevo proiettata nel futuro. Avevo anche trovato appartamento per il prossimo anno d' università proprio in centro Padova. Ho sfidato a volte la mia resistenza fisica per visitare alloggi, appartamenti e non perdere lezioni universitarie... e finalmente ne avevo trovato uno. Perfetto. Era già tutto accordato con la proprietaria, quando una sera prima di cena ricevo una chiamata: la ragazza che doveva lasciare la stanza ha chiesto di rimanere ancora un anno e quindi non c'è più posto per me.
Il mondo mi è crollato addosso. Io che facevo di quel progetto futuro la forza per andare avanti, per accettare la mia situazione attuale con il dca.
Dopo aver perso tanto peso, la Dottoressa della clinica V.M. mi aveva proposto due settimane di day hospital ma seguita durante i pasti in ricovero. Indecisione pura. Cosa dovevo fare?
Ero parecchio attirata all'idea di tornare in quel clima di protezione, sentivo e sento ancora adesso il bisogno d'aiuto, ma ho deciso di rialzarmi nuovamente con le mie forze, di non perdere settimane di università e così ho fatto... se non che tutto si è trasformato in una perdita di controllo: abbuffate, cibo, dolci, pasti ricchi di calorie e grassi... il peso che aumenta, il corpo che cambia, la mia incapacità di darmi un freno. Penso " tanto ormai" ed ecco che mi butto sul cioccolato, quadretto dopo quadretto... la mia autostima a terra, la paura a mille, l'impossibilità di sfogarmi, la voglia di piangere ma non trovo una spalla su cui appoggiarmi.
Sola in mezzo a tante persone, così mi sento.
Non ho più avuto la forza di cercarmi una casa perchè adesso tra studio e lezioni sono molto impegnata, l'umore è a terra, tutte le analisi del sangue sballate, visite su visite, chiamate su chiamate.
E io intanto mangio, ho paura di sentire il senso di fame e quindi eccedo.  Sento il corpo che cambia, lo stomaco dolorante perchè troppo pieno. Quell'immagine nello specchio cambia ogni giorno, i pantaloni sono sempre più aderenti, mi vergogno per tutto ciò che mangio. Ho paura. Ho sensi di colpa. Ho troppo. Tutto è pesante. Io sono pesante.

venerdì 20 novembre 2015

Ho visto troppo

Molte persone che soffrono di un dca, dal momento della "guarigione" dicono di aver imparato molto da quest'esperienza e quasi ringraziano la malattia perchè gli ha permesso di conoscere veramente sè stessi.
Io di una cosa son sicura... se e quando arriverà quel momento per me, non riuscirò a ringraziare l'anoressia. Perchè è una malattia bastarda...
Ho visto donne chiuse nel corpo di una bambina, perdere pian piano la loro bellezza lasciando spazio a volti emaciati e segnati da occhiaie continue. Ho sentito troppi pianti, urla isteriche, lacrime versate per un etto di peso in più. Occhi lucidi, pronti a scoppiare davanti al cibo. Ho visto dal divorare vassoi di cibo al negarsi perfino l'acqua. Ho incontrato persone che hanno perso la loro adolescenza, che hanno perso il lavoro, la scuola, a causa della malattia. Tutti anni che nessuno ridarà indietro.
Ho intravisto la morte in troppi occhi, sguardi rassegnati imprecanti aiuto. Corpi chiusi in gabbie, in schemi troppo pesanti e assurdi per una mente così sofferente. Corpi martoriati da tagli, da graffi, da bruciature.
E tutto questo l'ho anche visto e lo vedo in me... 
Ecco perchè non ringrazierò mai questo mostro.
Avevo bisogno di crescere, ma non in questo modo.




giovedì 19 novembre 2015

La presa di coscienza

Apro l'agenda e leggo...
Villa Margherita, 27 gennaio 2015

Le giornate qui sono pesanti,
oggi a gruppo psico-educazionale abbiamo parlato di iperattività.
E dopo lo spuntino che prevedeva una fetta di torta della nonna, sono scoppiata a piangere;
ho capito quanto c***o ci sono dentro, fino al collo.
Iperattività, solo più questa ci mancava. Ma è come una droga per me.
Cammino e cammino, sotto i mie piedi e sotto quei passi macino chilometri.
Sotto quelle camminate anestetizzo il dolore e i pensieri. L'ansia diminuisce... fino a raggiungere il suo apice poco dopo esser rientrata in stanza e allora? Devo uscire nuovamente a camminare, a sfogarmi.
In un certo senso ogni volta che esco a bruciare calorie penso che devo farlo perchè è l'unico modo per non ingrassare di troppo... già aumento facendo così, figuriamoci se dovessi stare ferma. E poi quando cammino perdo il senso del tempo. Quando mi accorgo di essere come un criceto che gira nella sua ruota senza una tregua, divento consapevole che così facendo vado contro a quello che è uno scopo del ricovero: riprendere peso.
Ma camminare è diventato un obbligo, prima e dopo i pasti... prima per far spazio alle pietanze troppo elaborate per me, e dopo per digerire i mattoni mandati giù.
Non importa se fuori si gela per il freddo, se piove, io devo camminare, niente mi ferma.
E così capisco quanto sono immischiata in questa merda di malattia... troppo.
E scendono solo lacrime. Mi sento impotente.
E' un segreto che condivido solo con il boschetto, scena dei miei atti controsenso.
Un giorno forse andrà meglio... mi sento solo un burattino guidato da una forza maggiore.